1 – Come hai iniziato ad occuparti di animazione?
Da bambino ero un ballerino di danza classica, potrebbe sembrare irrilevante, ma la ritmica è una componente fondamentale dei mio lavoro. L’idea di coreografia ritorna ossessivamente nei miei film e nelle mie opere, così come la musica classica che è un elemento fondamentale, punto di partenza di tanti progetti. Il mio primo lavoro è stato un film che ho fatto con la stilista Vivetta Ponti nel 2006, un collage animato di vecchie riviste anni ’30.
2 – Qual è la tua formazione?
Ho fatto il DAMS a Bologna, ma in realtà sono totalmente autodidatta. Mi sono formato facendo ricerca, guardando i film di Jan Švankmajer e Norman McLaren, la nouvelle vague polacca degli ’50. Osservando frame per frame i grandi maestri dell’animazione ho iniziato a capire come funzionavano le diverse tecniche.
3 – Come mai sei così affascinato dalle cultura nordica e mitteleuropea?
Di quella cultura mi piace la capacità di sintesi e l’inventiva con mezzi molto poveri. Rispecchiava un po’ la mia situazione di allora, quando a Firenze iniziavo le prime sperimentazioni e volevo realizzare qualcosa di mio con poco. Ho sempre collezionato cose vecchie, ho un’inclinazione naturale verso tutto l’immaginario del ‘900, sopratutto le grandi avanguardie italiane in particolare i Futuristi, ma anche i maestri del design come Munari e Gio Ponti.
4 – Perchè ti definisci un artigiano del cinema?
Perchè il mio è un cinema fatto con le mani, dove c’è pochissima postproduzione. Tutto viene realizzato a mano: all’inizio ero solo io, ora siamo un collettivo di artigiani che opera a secondo del lavoro che ci viene richiesto. Non c’è nulla di ricostruito virtualmente, tutto ciò che si vede nei miei film è reale.
5 – Come riesci a realizzare questi piccoli miracoli? Qual’è il tuo processo creativo?